Volontà e abitudini

Sono ritornata dalle vacanze con la speranza che le cose dentro di me potessero cambiare. Distrarmi, riposarmi, fare lunghe passeggiate non sono servite a niente. Pensavo che quella voglia irrefrenabile di mangiare dipendesse dallo stress e dal lavoro, ma contino a mangiare troppo. Sono aumentata di dieci chili e tutto mi va stretto, non oso andare a comprarmi abiti più larghi perché non accetto tutto questo. Dentro di me, ora, non sento lo stress, non sono così stanca, e la mia famiglia la vivo con serenità, ma allora perché mangio troppo? Quale potrebbe essere la causa? Ho 37 anni e una volta avevo un bel fisico, non che ora sia da buttare, ma i contorni del mio corpo lasciano un po’ a desiderare. Pesavo cinquanta chili ed ora sono sui sessanta. Penso che ormai stia invecchiando e che, forse, questi sono i segni dell’inizio della vecchiaia. Le mie amiche mi vedono in forma, ma sono anni che non oso mettermi in costume, mi vergognerei troppo, scoprirebbero i mille difetti che nascondo abbastanza bene. Se solo riuscissi a mangiare di meno! Da cosa può dipendere visto che non sono, poi, così stressata? Dicono che le tensioni spingono a mangiare per scaricare l’ansia, ma nel mio caso? Le sarei molto grata se mi  potesse aiutare a capire questa situazione, e se c’è un rimedio a questo.

                                                                                                                                 RENZA

 

Mangiare è un bisogno primario. E’ l’istinto di sopravvivenza. E’ l’aspetto più significativo della vita. A volte, però, non è dettato dalla necessità di sopravvivenza, ma da abitudini sbagliate; oppure, è legato alla socializzazione, alle ricorrenze e alle festività. In quel caso, però, non va a soddisfare solo quell’istinto primario, ma va a consolidare le basi di una comunità civilizzata che, portando al suo interno una diversa espressione del cibo, va a creare nella mente umana significati diversi a seconda delle culture di appartenenza. Nel suo caso, signora Renza, il cibo può rappresentare semplicemente una abitudine ad ingerirne una certa quantità. Cerchi ogni giorno di diminuirne un po’, e abitui il suo stomaco ad altre dosi, e cerchi, di dargli altri input, scandendo degli orari ben precisi per creare nuove abitudine. Mangiare in continuazione per passare il tempo, può creare degli atteggiamenti involontari, di cui ce ne rendiamo conto solo dopo aver messo su alcuni chili. Tornare indietro non è poi così complicato. All’inizio dobbiamo creare abitudini contrarie con la volontà, fino a quando il tutto non rientra in una certa forma di automatismo. Il controllo del cibo può rappresentare il raggiungimento del suo obiettivo, visto che non ci sono stress da affrontare, ma abitudini da cambiare, senza escludere, se non ci riuscisse, una certa quantità di tensione legata al significato che lei gli può dare. Spesso, il cibo, rappresenta un premio, una coccola, un riempire un vuoto; va benissimo tutto questo, l’importante che non diventi l’unico premio o l’unica coccola, o l’unico modo per riempire certi vuoti. Se così fosse, allora dovrebbe domandarsi se chi le sta intorno le dedica la giusta attenzione e il giusto “nutrimento affettivo” di cui noi tutti non possiamo farne a meno. Nutrire affettivamente significa dare baci, abbracci, coccole e dire: Ti voglio bene, mentre  guardiamo la persona negli occhi come se fosse la prima volta, mi creda, proverà un’emozione molto appagante. Il tutto va fatto senza pretendere nulla in cambio, altrimenti ci becchiamo lo stress. Provi a dare nutrimento affettivo, perché non passerà molto tempo che anche gli altri glielo daranno, e quel minimo necessario le basterà per riuscire ad incanalare nuove abitudini alimentari.

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