Il bullo, una medaglia a due facce:vittima e carnefice

Si parla di bullismo in continuazione, ma le soluzioni a questo problema non riescono a trovarle. Ho un bambino di 11 anni e quest’anno andrà in prima media. Lui è un bambino riservato, timido, ma con tanta voglia di sentirsi accettato dagli altri. Nella sua classe, l’anno scorso, è stato vittima di queste prepotenze, ma tutto sommato era qualcosa di molto circoscritto, le insegnanti erano riuscite a contenere questo disagio scolastico con interventi alle rispettive famiglie degli alunni, diciamo, così indisciplinati. Quest’anno ho paura per mio figlio perché in quella classe potrebbe incontrare ragazzi più grandi di lui, e avere disagi peggiori. La mia speranza è quella che vada in una classe “buona”, che non prendano il sopravvento su di lui, perché ha quel carattere un po’ chiuso, ma non per questo deve essere soggiogato o preso in giro. Perché queste persone, se così si possono chiamare, hanno di questi atteggiamenti aggressivi? Una volta sentii in tv che alcuni ragazzi avevano cercato di ammazzare di botte un loro compagno di classe se non gli avesse consegnato tutti i giorni la paghetta che il padre gli dava. Questi comportamenti di “prepotenza” che significato hanno? Perché questi ragazzi sono così cattivi? In alcune immagini viste in tv ho notato con quanta rabbia e aggressività fanno del male a chi credono più deboli di loro, in quel momento mi sale su tanta voglia di giustizia e di punizione verso quegli esseri indegni! La prego, dottoressa, mi dica cosa posso fare per aiutare mio figlio a difendersi da quelle persone. La ringrazio infinitamente.

 

                                                                                                                                          TINA

 

Il termine bullismo non ha ancora una definizione tecnica, giuridica e sociologica, ma è usato per indicare comportamenti violenti, vessatori e persecutori nei confronti dei cosiddetti deboli. Il termine deriva dall’inglese Bullying. In Scandinavia, dove hanno avuto inizio le primissime ricerche negli anni ’70, si usa il termine Mobbing. Qui in Italia, ci si riferisce, con mobbing, ai fenomeni di prevaricazione  verbale e psicologica, interni all’ambiente di lavoro e sarebbe, in un certo modo, una sorta di bullismo tra adulti. Nel bullismo l’atteggiamento dei genitori è decisivo, specialmente nell’infanzia, dove si creano i presupposti per i bulli adolescenti. Il bambino, all’interno della famiglia, deve imparare a gestire i sentimenti di rabbia e di ostilità, rapportandoli a se stesso in modo da non arrivare alla negazione dei problemi. Fin dalla prima infanzia si possono cogliere i primi segni di disagio che possono essere tradotti, poi, in prepotenza e aggressività. Ciò che il bambino, e poi l’adolescente, non riesce ad esprimere in casa lo riversa all’esterno sotto forma di arroganza e violenza, che non fanno altro che sottolineare la sua insicurezza e incapacità a reagire di fronte agli “insulti” ricevuti da parte dei suoi stessi genitori quando, puntandogli il dito contro, gli dicevano: tu non vai bene, devi cambiare, sei un buono a nulla, gli altri sono migliori di te, ecc. Questo, non fa altro che peggiorare il quadro di incertezza sulle proprie capacità e potenzialità costruttive. Nella mente di un bambino tutto ciò che proviene da un genitore e verità assoluta! Il bullo, quell’essere insicuro e sottomesso nella famiglia, cerca di guadagnarsi agli occhi degli “spettatori” quella specie di valorizzazione e accettazione attraverso la forza fisica: aggressione e prevaricazione, o attraverso l’attacco psicologico: esclusione di qualcuno dal gruppo, o attraverso atteggiamenti verbali sgradevoli: brutte parole, insulti e calunnie. Tutto questo, però, può essere messo in atto da parte del bambino e poi dall’adolescente, solo perché lui stesso è stato vessato e svalorizzato all’interno della sua famiglia. La reazione da “bullo” è una sorta di rivincita esterna, un modo di proiettare sull’altro le sue debolezze e incertezze, che vanno a sollecitare, poi, le sue ansie e paure spingendolo ad aggredire quel soggetto che gli fa vivere la sensazione di eliminare ciò gli sta dando fastidio. E’ difficile debellare il bullo, perché il bullo è il sintomo della famiglia. Non ne abbiano a male quei genitori che in questo modo si sentano presi in causa, perché dovrebbero fermarsi a pensare e a fare qualcosa per loro. Questo non è un problema dei figli, ma soprattutto dei genitori che, involontariamente, commettono degli errori. Signora Tina, il problema va affrontato all’interno della sua famiglia, si domandi perché suo figlio è timido e introverso, probabilmente non ha mai avuto l’occasione di poter esprime se stesso in maniera spontanea e senza la paura di sentirsi giudicato negativamente. Accetti suo figlio con amore, perché, come lei ha detto, ha tanta voglia di farsi accettare, e gli rinforzi la sua autostima stimandolo e valorizzandolo, la forza che ne deriverà farà sì che il bullo, non proiettando più su di lui i suoi stessi problemi, non lo considererà più idoneo al tentativo di liberarsi dalle sue stesse sofferenze interiori.

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