Sono una mamma di due bellissimi bambini, uno ha 12 anni e l’altro ne ha 6. Pur essendo dei bambini molto intelligenti, a scuola non riescono a rendere molto bene. Del più piccolo, poi, gli insegnanti spesso si lamentano del comportamento perché si distrae, disturba gli altri compagni, è aggressivo e qualche volta ha “rubato” al  suo compagno di banco alcuni oggetti. Ogni volta che vado a parlare con le maestre entro in ansia perché mi aspetto sempre solo e soltanto lamentele. In quel momento mi fanno sentire una cattiva madre, una che non è riuscita ad educare il proprio figlio e che indubbiamente ha problemi in famiglia. Tutto questo lo vivo come un rimprovero che spesso rigiro a loro dicendo che sicuramente non hanno un buon metodo per capire e affrontare gli atteggiamenti aggressivi dei bambini. E’ facile per loro accusare i genitori per scaricarsi delle proprie responsabilità. Certo il mio bambino avrà anche delle difficoltà a rapportarsi con le regole scolastiche ma, penso che sia più o meno un problema di molti bambini. Credo che le insegnanti non dovrebbero puntare il dito sui genitori ma, cercare di alleviare le sofferenze dei bambini alleandosi con noi. Io, sono una mamma che lavora e che non passa molto tempo con i suoi bambini ma, non credo che questo sia l’unico motivo a rendere nervoso mio figlio piccolo. Forse c’è dell’altro ed io non riesco a capirlo. Il più grande invece, è molto chiuso, introverso e timido. Forse è l’età dell’adolescenza, spero che passi. Mi dia un consiglio per affrontare tutto questo, forse le sto chiedendo troppo attraverso una lettera, perché il problema è grosso, ma avendo letto gli altri suoi articoli ho notato che ha sempre trovato una soluzione semplice a problemi difficili. La ringrazio.

                                                                                                                            VINCENZA

 

Ogni bambino nasce con una propria personalità di base che poi dovrà adattare all’ambiente circostante, sempre e soltanto in rapporto ai ritmi biologici che madre natura gli ha donato. E’ spontaneo in ogni genitore confrontare i propri figli con quelli degli altri, quasi come una sorta di competizione cerca di stimolare nella propria creatura comportamenti da piccoli ometti diligenti e avvezzi alle regole scolastiche, tanto da sollecitare in chi li osserva meraviglia davanti a cotanta intelligenza. A volte vengono spinti a coltivare atteggiamenti competitivi che possono creare molti danni a carico dell’autostima del bambino. Il bambino deve fare il bambino. Avete mai visto un adulto che se sollecitato ad imitare un bambino la prima cosa che fa sono i capricci? In altre parole: battere i piedi per terra, insultare con la boccaccia o canzonare qualcuno?  Un bambino è così! Insegnanti e genitori devono sempre fare i conti con il temperamento del bambino; è un compito molto arduo che comporta pazienza, pazienza e pazienza. Un’adeguata preparazione professionale, da parte degli educatori,  una giusta comprensione dei suoi disagi all’interno del contesto scolastico, l’affettività dell’insegnante nei suoi confronti, e per affettività intendo rinforzi positivi con elogi verso le attività in cui riesce bene e comprensione e comunicazione verso quelle in cui non eccelle, insieme al nutrimento affettivo dei genitori sarebbe la massima collaborazione tra scuola e famiglia volta a migliorare le problematiche di crescita di un bambino. Ma che cos’è il nutrimento affettivo?

Il nutrimento affettivo è un termine che io stessa ho coniato, perché sono partita dal presupposto che  un genitore la prima cosa che fa, quando nasce un figlio è nutrirlo. Lo nutre con il latte, poi con i cibi solidi e poi una volta adulto continua egli stesso a nutrirsi. Non si può smettere di alimentarsi altrimenti si muore di fame. I suoi  figli signora Vincenza soffrono di denutrimento affettivo e i sintomi li conosce fin troppo bene. Per nutrirli affettivamente dovrà semplicemente rivolgersi ad ognuno di loro con atteggiamenti affettuosi e dire: Ti Voglio Bene guardandolo negli occhi, poi, accarezzandogli una guancia e stringendolo a sé  gli dia un bacio pieno d’amore! Proverà una forte emozione che le farà capire cosa significhi davvero  nutrire affettivamente i suoi figli. Tutto questo lo porti avanti sempre, perché farà capire ai suoi figli  che lei è dalla loro parte e non contro con rimproveri e punizioni. Se i suoi bambini vivranno i genitori come alleati e non come nemici da combattere si percepiranno più forti e positivi. Ogni rimprovero non deve mai scaturire dalla stanchezza dei genitori ma, generare apprendimento nel bambino. Cominci a fare questo, non si stanchi mai, e anche se all’inizio non ci saranno risultati immediati non si scoraggi, continui a nutrirli così come fa con il cibo, perché  non si sognerebbe mai di lasciar morire di fame i suoi figli! Vedrà, verrà ripagata con il loro immenso amore.

Vorrei risolvere tutti i miei problemi magicamente, così come tutti sperano di fare. Vorrei sapere sempre cosa fare per il mio bene. Spesso mi trovo in situazioni che non riesco a scrollarmi di dosso. Mi prendo i problemi degli altri cercando di risolverli; non riesco a dire di no, ma se, a volte, lo faccio mi sento in colpa. Vedo gli altri che se ne fregano di me, perché pensano solo ai loro affari. Mio marito ha l’hobby della pesca, e la domenica ci vediamo solo la sera. I miei figli, ormai, sono grandi ed escono con i loro amici, ed è giusto così, ma io mi ritrovo sola, perché le mie amiche, a differenza di me, la domenica sono tutti insieme. Mi piacerebbe farmi un bel viaggio con mio marito, ma lui si lamenta sempre per i soldi. Neanche un piccolo viaggio di due giorni, non gli va, a parte i soldi. La mia vita è piatta, e a 60 anni ho ancora tanta energia e tanta voglia di vivere. Si può uscire da questo piattume? Se sì, come? Spero che lei legga la mia lettera e che riesca a darmi una risposta. Grazie.

                                                                                                                            MADDALENA

 

Affrontare quello che non ci piace è molto difficile, e non perché non abbia risoluzione, ma perché rifuggiamo da quello che ci dà fastidio, ed per questo non lo affrontiamo, ma se non lo affrontiamo non possiamo riflettere sul perché ci troviamo in quella situazione. Affrontare, vuol dire fermarsi a guardare con altri occhi quello che da anni guardiamo, ma non vediamo. La situazione che ha descritto è quella di una persona affacciata alla finestra che guarda la vita degli altri che scorre, e che vive in funzione di loro. Si domandi chi è Maddalena, e quale sia il suo scopo, il suo obiettivo, e se non riesce a darsi una risposta è perché non se lo è mai chiesto, non ha mai permesso a lei stessa di essere in funzione delle sue emozioni, dei suoi desideri, perché occupata ad accontentare gli altri. Cercare di risolvere i problemi degli latri è un tentativo di risolvere i propri problemi, e lei, così distratta com’è da se stessa, non riesce neanche a capire cosa sia la cosa giusta da fare. Cominci a dire di no senza sentirsi in colpa, o meglio, si senta pure in colpa, ma tenti di ricordare quando si è già sentita così in passato. Qualunque episodio le verrà in mente, lo scriva e se lo rilegga moltissime volte, questo servirà a scaricare le emozioni. I partecipanti al mio gruppo di “allenamento mentale”, lo fanno già da molto tempo ottenendo dei risultati sorprendenti. Questo esercizio si chiama “io nero su bianco”, e, se lo farà con l’intenzione di farsi finalmente del bene pensando a se stessa, si renderà conto che comincerà a prendersi cura di sé senza pensare ad aiutare assiduamente gli altri, perché spinta dai suoi bisogni interiori. Buon allenamento.

Sono una ragazza di 27 anni, innamorata persa di un ragazzo. Lui è bello, attraente, affascinante e carismatico; non sto esagerando è veramente così. Tra le tante ragazze che gli morivano dietro ha scelto me. Ora, però, mi ha lasciato ed io mi sento una nullità. Era tutto per me, vivevo di lui e per lui, mi sentivo privilegiata e desiderabile. Ora, mi sono isolata da tutti e provo quasi una sorta di vergogna perché mi sto accorgendo di non riuscire a considerarmi come una persona autonoma, che stima se stessa e che ha fiducia nelle proprie capacità. Non so proprio cosa fare per smettere di vivere in funzione degli altri e di accontentarmi di quello che riescono a darmi in determinati momenti. Basta, sono stanca, questa è la goccia che ha fatto traboccare il vaso! Me lo dico ormai da molto tempo, ma devo confessare che non ci riesco, sono troppo innamorata di lui e voglio riaverlo a tutti i costi. Ci ho provato a convincerlo, ma è irremovibile, mi ha detto chiaramente che non è più innamorato di me e che forse non mi ha mai amato. Com’è possibile? Come faccio a convivere con questo dolore? Mi aiuti a riconquistarlo, sto soffrendo troppo!

                                                                                                                                  ILENIA

 

I sentimenti d’amore, spesso, sono dettati da situazioni che spingono il soggetto a vedere una persona come il proprio ideale di vita. A volte si vive in funzione di questo amore perché si pensa di non essere capaci ad affrontare e costruire, autonomamente, il proprio futuro. L’appoggiarsi all’altro è cosa giusta, ma dobbiamo imparare ad avere più fiducia in noi stessi, ad elevarci, con una punta di presunzione, al pari di chi ci sembra migliore di noi. Non esistono persone migliori o peggiori di altre, tutto dipende da cosa si ritiene giusto o sbagliato nell’esercitare i propri diritti umani. Il ragazzo di cui parla, sicuramente sarà una brava e bella persona, che le ha dato tanto e che tanto ancora pretende da lui, ma si deve rendere conto che non riesce più a contenere il suo bisogno di sentirsi protetta e guidata e che l’amore vero non è dettato dai bisogni personali. Il suo è un amore infantile, che pretende e che nulla dà in cambio. Cominci a crescere e cerchi di rispettare la  volontà del suo ex ragazzo di rimanere da solo o con un’altra donna, ed anche se questo la farà soffrire sarà soltanto il primo passo verso la sua indipendenza. Purtroppo, attraverso la sofferenza si comprendono gli errori che spesso condizionano i nostri punti di vista e le soluzioni ad un problema. Il guardare in faccia la realtà comporta sofferenza perché, finalmente, non ci si nasconde più dietro false pretese e illusorie soluzioni, rendersi conto delle proprie debolezze e dei bisogni ivi nascosti diventa il trampolino di lancio per un rapporto più maturo e consapevole. Rispetti, dunque, la volontà del suo ex ragazzo perché l’aiuterà ad accettare una realtà che ad un bambino potrà spaventare, ma che ad un adulto potrà aiutare a comprendere il vero significato dell’amore.